L'IMMORTALE
di Lucho Olivera e
Robin Wood
Gilgamesh è una serie a fumetti argentina ideata da Lucho
Olivera esordita nel 1969.
La storia si ispira liberamente all’epopea di Gilgamesh re di
Uruk.
Nel 1980 la serie viene riscritta dallo sceneggiatore Robin Wood
e disegnata da Olivera.
La storia
“Era l'anno 4000
avanti Cristo. Mio padre regnava su Uruk, la più splendida città
della terra tra i due fiumi. Sotto la sua guida i sudditi
prosperavano e i sacerdoti davano nome alle cose che ancora non
lo avevano, ed erano molte, perché il mondo era giovane...”.
Con queste parole Robin Wood e Lucho Olivera introducono la
storia di Gilgamesh.
Subentrato al padre, Gilgamesh governa con saggezza in Sumeria e
grazie alla sua guida la città-stato di Uruk conosce un lungo
periodo di pace e prosperità.
Il mitico re sumero è ossessionato dall'idea della propria
morte. Egli crede che un monarca assoluto, padrone della terra e
dei propri sudditi, non dovrebbe essere costretto a seguire la
sorte dei comuni mortali e non capisce perché gli dèi abbiano
disposto altrimenti. Gilgamesh ascolta i saggi, interroga gli
oracoli, senza trovare mai le risposte che cerca. Un ignoto
destino sembra incombere su di lui: le sue mogli danno alla luce
solo bambini morti. Gli indovini predicono che egli stesso sarà
successore della sua stirpe che si perpetuerà nella sua stessa
carne: una profezia ermetica che lo ossessiona.
Una notte dal suo osservatorio Gilgamesh vede una luce
schiantarsi dietro le montagne e si precipita, impavido di
fronte all’ignoto. Trova un "carro di fuoco" alieno e soccorre
Utnapistim, un essere che gli rivela di possedere il dono
dell'immortalità.
In cambio dell'aiuto ricevuto il visitatore extraterrestre dona
al terrestre la vita eterna, avvertendo però che l’immortalità
può essere un dono avvelenato.
Utnapistim riparte con la sua astronave e si congeda dicendo che
in un futuro lontanissimo si incontreranno di nuovo tra le
stelle.
Tornato a Uruk, al suo trono, Gilgamesh scoprirà che il baratro
della morte lo separa definitivamente dai suoi simili. Odiato
dai sudditi, respinto dai suoi cari, il re lascia il suo trono
per svanire nell'ombra. Da quel momento in poi Gilgamesh vivrà
nel mistero e sarà testimone delle vicende umane senza mai
rivelare la sua natura di immortale.
Il passaggio dei secoli e delle civiltà lo lascerà sempre più
pessimista e disincantato: ogni epoca, ogni momento, è segnato
da guerre e distruzioni.
Assiste alla grandezza e alla caduta dell'impero assiro. E’ re e
gladiatore. Incontra i grandi uomini e gli eroi del passato,
Assurbanipal, Nabucodonosor, Giulio Cesare, Nerone. Centurione
romano su un colle presso Gerusalemme si scosta per non
calpestare l’ombra del Nazareno che sale sul Golgota. All'ombra
di tre croci, stravolto dall’evento, dirà: “io, Gilgamesh, ho
visto: io sono stato testimone”.
Naviga sulle navi dei conquistadores, combatte le mille guerre
della storia umana.
Si arruola nell’esercito polacco. E’ soldato napoleonico. Appare
in Francia, durante la rivoluzione francese, durante la guerra
civile americana, nel periodo rinascimentale europeo e alla
corte dei mandarini.
E’ aviatore e soldato tedesco. Sopravvive ai campi di
concentramento nazisti e, deluso dalla meschinità inguaribile
del genere umano, si abbandona ad una vita da barbone a Roma. La
miseria e la crudeltà umana gli fanno desiderare di liberarsi
dal peso del suo “dono malato”, ma Utnapistim, l’unico che
potrebbe restituirgli la sua mortalità, ha lasciato da tempo il
pianeta.
Al termine di questa furiosa cavalcata nei secoli, Gilgamesh
assiste con orrore impotente alla fine della razza umana,
sterminatasi per lo scoppio di una potentissima bomba chimica
totale, fatalmente disinnescabile, che causa la completa
distruzione del genere umano e di tutte le forme di vita del
pianeta.
Essendo immortale, Gilgamesh sopravvive al terribile olocausto e
rimane l’unico essere vivente su una Terra ridotta a un deserto
radioattivo.
Impazzisce di dolore, finché, nel suo girovagare
solitario e allucinato scopre l’esistenza di una base di lancio
mantenuta efficiente da robot automatici e con un razzo pronto
alla partenza.
Infatti alcuni scienziati, avendo intuito che l'uso del nucleare
avrebbe potuto un giorno rendere invivibile il pianeta, avevano
predisposto una astronave in cui collocare alcuni neonati in
ibernazione. Un razzo da inviare nello spazio alla ricerca di
nuovi mondi.
Cogliendo questa nuova opportunità, Gilgamesh, dopo aver
studiato per anni il funzionamento dell'astronave, si mette alla
guida del razzo e lascia il pianeta Terra e i suoi miliardi di morti. Il
pianeta Terra che due secoli dopo l’olocausto ha visto
scomparire i suoi mari e ha un’atmosfera ancora irrespirabile.
Con il carico di embrioni umani ibernati Gilgamesh si assegna
quindi il compito di “difensore dell’umanità” e andrà alla
ricerca di una nuova patria attraversando l'universo per
millenni.
Innumerevoli le avventure vissute nello spazio: pirati spaziali,
strani esseri, misteriosi fenomeni, entità aliene più o
meno ostili perché invidiose della sua immortalità.
Gilgamesh supera ogni minaccia finché scopre un pianeta
incontaminato che sembra adatto all’umanità e che chiama Sumer,
in onore della sua terra natale. Qui risveglia i neonati
ibernati e crea una colonia dove essi possano poter vivere e
crescere senza pericoli. Con il passare delle generazioni,
Gilgamesh assume il ruolo di “padre” della nuova umanità, finché
decide di partire e vigilare a distanza sui suoi “figli” per non
condizionare le loro scelte di vita.
Mentre è impegnato nel suo ruolo di “custode”, scopre che nello
spazio si sono formate due grandi coalizioni, comprendenti varie
razze aliene, in lotta tra loro per il dominio completo della
galassia. Da una parte Kar-Oba, capo degli Xhaguar, una razza
robotica che vuole dominare l’universo, alleato con i
Primordiali, antica stirpe di umanoidi con un impero che
comprende molte galassie, e dall’altra la grande alleanza dei
pianeti con Orman capo del mondo di metallo. Consapevole che
tale conflitto potrebbe giungere anche sul pianeta dei suoi
protetti, si schiera con una delle due fazioni.
Durante una delle numerose battaglie spaziali si presenta un
individuo che sostiene di conoscere Gilgamesh fin dai tempi del
pianeta Terra. Si tratta di Utnapistim che ha rinunciato alla
corazza dell’immortalità e ad una vita senza emozioni e che si
sacrifica eroicamente in uno scontro tra due astronavi.
Dopo una lunga e sanguinosa guerra intergalattica, Gilgamesh
sventa la minaccia dei Primordiali (la razza definita “male
cosmico”), riesce a sconfiggere tutti i suoi nemici e a fermare
il conflitto.
Non essendo interessato all’enorme potere che gli deriva da
questa vittoria, spinto da una voce interiore che lo reclama,
Gilgamesh si dirige verso un pianeta deserto dove spicca un
enorme obelisco. Giunto davanti ad un tempio antichissimo, una
voce gli confida che altri esseri immortali come lui da tempo
immemorabile hanno assunto il ruolo di “guardiani” dell’universo
per vegliare su tutto il creato. Vedendo le sue gesta, lo hanno
chiamato per offrirgli di unirsi a loro.
Gilgamesh accetta dicendo: “Padre, prendimi… portami con te” e,
trascendendo la vita terrena, diviene un semi-dio, guardiano e
padre dell’umanità fino alla fine dei tempi.
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